Ottavio Mangiarini
Carnet di viaggio
Anno 2018
Tecnica mista su carta, cm. 29×21
In questo frammento del Carnet di viaggio, Ottavio Mangiarini ci consegna il busto di una donna, delineato con un segno minimo, quasi impalpabile, mentre le ombre del collo e del seno emergono con forza da una campitura luminosa. Il volto è rivolto verso l’alto, spinto così in alto che la mandibola nasconde i tratti, lasciando emergere solo una gola tesa e un occhio vuoto, sbarrato, come fissato su una visione terribile, ma già nota. Non è lo sguardo dello spavento improvviso: è quello di chi riconosce l’inevitabile, e vi si abbandona. Nessun braccio, nessuna via di fuga: il busto sfuma nel nulla, come se la figura stesse dissolvendosi in un altrove oltre la forma. Il colore, di nuovo, è protagonista: un giallo pieno e carico avvolge la figura, mentre due piccole macchie rosse spiccano sul seno come frutti simbolici, forse ferite, forse segni vitali residui. È un’immagine sospesa in un momento di passaggio: un grido muto, un’apparizione colta nel punto esatto in cui l’essere si fa evanescenza. La pittura di Mangiarini, qui, non racconta: evoca una soglia, un transito che ci riguarda nel profondo.
Ottavio Mangiarini
Nelle opere del ciclo Carnet di viaggio, Ottavio Mangiarini affida alla pittura il compito di evocare presenze e stati emotivi, evitando ogni tentazione descrittiva. Nato a Brescia nel 1990 e formato all’Accademia di Brera, Mangiarini ha sviluppato un linguaggio essenziale, dove il segno e il colore trattengono emozioni più che immagini. Le sue figure non sono mai pienamente presenti, ma arrivano come apparizioni fissate in un momento di transizione: tra ricordo e oblio, tra materia e dissoluzione. Il suo lavoro, che affonda le radici nella terapeutica artistica, è una forma di esplorazione del sentire umano, tradotto in simboli cromatici e in tracce sottili che parlano al di là delle parole.
Maria Teresa Majoli