Morgan Zangrossi
Serie “In-prospettive”
Anno 2019
Tecnica mista, resina, metallo bianco e ossido di rame, cm 50x50x4
In In-prospettive 2 Morgan Zangrossi propone un contrasto cromatico e materico ancor più vivido e poetico, dove il freddo e lucido argento piombo dei componenti elettronici si accosta a una superficie irregolare, ruvida e corrosa, rivestita da una patina ossidata di un verde turchese intenso, tipico del rame ossidato.
Questo colore verde, simile a quello dei tetti delle antiche cattedrali, aggiunge alla composizione una dimensione sacra e senza tempo, evocando suggestioni che trascendono il materiale stesso per entrare in una dimensione quasi spirituale. Il “coperchio” che nasconde il cuore tecnologico dell’opera appare corroso e aperto in modo spontaneo e non artificiale, come strappato dal tempo, lasciando emergere ciò che si cela sotto.
La composizione è misteriosa e raffinata, dove l’ordine geometrico degli elementi elettronici si confronta con la vitalità caotica e naturale della ruggine, simbolo di memoria e trasformazione. Ancora una volta, Zangrossi invita a guardare oltre la superficie apparente per scoprire l’essenza nascosta, con un messaggio forte contro i giudizi affrettati e superficiali.
Morgan Zangrossi
Morgan Zangrossi, nato a Rovigo nel 1974, è un artista che ha saputo trasformare oggetti tecnologici ormai obsoleti in veri e propri reperti di un’archeologia futura. Attraverso un processo di ossidazione e ruggine, che diventa protagonista delle sue opere, Zangrossi dona nuova vita a componenti elettronici dismessi, restituendo loro una memoria che altrimenti andrebbe perduta.
La ruggine, nelle sue mani, non è solo corrosione: è materia viva, carica di sfumature e storie, simbolo di un passato che diventa sacro e poetico. Il contrasto tra la freddezza e il lucido metallo dei circuiti e la superficie ruvida e organica delle ossidazioni crea un dialogo intenso tra natura e tecnologia, fra vita e decadenza.
Nella serie In-prospettive, la presenza dell’hardware si fa gradualmente più sottile, quasi nascosta sotto involucri irregolari e strappati, come fossero squarci in cui intravedere la complessità dell’interiorità umana. L’opera diventa così metafora della difficoltà di vedere oltre le apparenze, di cogliere la profondità e le esperienze che formano la nostra identità.
Zangrossi si ispira alla lezione degli spazialisti e alla poetica di Fontana e Pomodoro, proponendo un’arte che è al contempo archeologica e futuristica, che si interroga sulla memoria collettiva e sull’impatto del digitale nella società contemporanea. La sua ricerca è un invito a riflettere sul tempo, sull’effimero e sull’eterno, sul valore nascosto nelle cose più umili e apparentemente abbandonate.
Maria Teresa Majoli